ALLEANZA 1. DOMANI MANIFESTAZIONE ALL’INSEGNA DEL FUTURO. Da il Riformista venerdì 10 Dicembre 2004.
10 dicembre 2004
"Il futuro ci unisce", recita la scritta che i convenuti del Palalido potranno leggere domani sul palco alle spalle del leader dell'Alleanza di centrosinistra, e unico oratore politico della manifestazione contro la finanziaria del governo, Romano Prodi. Prima ancora che uno slogan elettorale, l'insistenza sul futuro è un antidoto all'effetto deja vu. Il debutto di piazza, sebbene al chiuso di un palazzetto, del ritornante Professore avverrà infatti all'insegna del "nuovo". Banditi i vecchi rituali ulivisti, rottamato tutto ciò che sa di 1996 e dintorni, la scaletta dell'evento di Milano è un festival dell'inedito: nuovo il conduttore (Patrizio Roversi), rinnovata la simbologia (si parte col suono di un metronomo) e la colonnna sonora (va definitivamente in pensione la Canzone popolare di Ivano Fossati per lasciare il posto a un medley di cantautorato italiano e anglosassone, De Gregori-Lennon e ritorno), addirittura l'ingresso sul proscenio di Romano Prodi sarà accompagnato dall'esotico suono di tamburi giapponesi Kodo. Subito dopo saliranno sul palco insieme al leader anche tutti i segretari del centrosinistra. L'unica novità ancora mancante è il simbolo dell'Alleanza, tutto da ripensare ora che l'Ulivo è diventato patrimonio esclusivo della federazione riformista, indispensabile anche per ufficializzare il nome della coalizione, visto che per il momento prosegue la babele di dizioni. Oltre al Professore, il cui discorso chiuderà la manifestazione, prenderanno parola il presidente della provincia di Milano Filippo Penati, per il benvenuto, e quattro figure tipiche dell'Italia in sofferenza, come da refrain antiberlusconiano: una ricercatrice costretta a esportare il cervello all'estero, una operaia dell'Anzaldo che racconterà la sua difficoltà di arrivare a fine mese, una operatice di call center alle prese con la precarietà contrattuale. In più, per lanciare due sottofiloni della visione programmatica per il 2006, al microfono si affacceranno il sindaco di Ravello (il rilancio dei piccoli comuni) e il presidente del parco del Cilento (il filone ambientale). A Prodi il compito di sintetizzare il senso della kermesse con un intervento - giurano i suoi spin doctor - "tutto teso al domani, che parte dalle difficoltà vissute oggi dal paese per dire che una via d'uscita c'è". Futuro, domani, speranza, ottimismo. Parli di "nuovo" e spunta Walter Veltroni, da sempre esperto esploratore del settore. Ad ascoltare con attenzione il discorso del candidato ci sarà infatti in prima fila anche il sindaco di Roma, che proprio oggi pubblica sull'Espresso una lunga lettera aperta "a Romano" in cui, riconfermandogli piena fiducia, Veltroni lancia però l'allarme sulla carenza di vision del centrosinistra. L'uso del termine inglese è in questo caso giustificato dal fatto che la riflessione dell'ex vice di Prodi a palazzo Chigi parte dall'analisi del voto americano. Dopo aver dato, in perfetta sintonia con le riflessioni di Massimo D'Alema, una bella botta al "controproducente attivismo" alla Michael Moore e alle campagne di demonizzazione personale dell'avversario (l'"anybody but Bush" che in Italia suona ovviamente "chiunque ma non Berlusconi"), Veltroni dice in sostanza che il centrosinistra corre il rischio di fare la fine di Kerry, e cioè perdere le elezioni nonostante un programma migliore. Questo perché il candidato democratico non ha "appassionato e non ha trascinato". Scrive Veltroni: "Non si va avanti senza avere e senza offrire una visione. Il riformismo non può essere solo un progetto politico ragionevole e razionale, non può essere solo calcolo ed efficienza, non è qualcosa di scisso dai sentimenti e dai grandi ideali". E giù un mix di clintonismo e kennedismo, Willy Brandt e Olof Palme, il riformista Antomy Giddens e il radicale Zygmunt Bauman. Veltroni batte insomma un colpo forte, non per mettere in discussione la leadership di Prodi, certo per ricordare che il Campidoglio non è Caprera e che verso il 2006 anche lui è in campo a giocare la partita. Lo fa insistendo su quello che anche tutti gli altri leader della Fed considerano al momento il punto debole della nuova avventura del Professore, ovvero la debolezza della pars costruens come progetto intellegibile in due-tre parole chiave. Naturalmente Veltroni declina l’argomento secondo la sensibilità di sempre: l’istanza riformista si copre col programma, ma il consenso del popolo si conquista col cuore e la passione. Caratteristiche politiche, queste ultime, su cui il sindaco di Roma ritiene di detenere un annoso copyright. Come Rutelli sul moderatismo, Fassino sulla socialdemocrazia di governo, Bertinotti sul radicalismo movimentista. Come dalla sintesi di queste anime possa nascere qualcosa di "nuovo", è quanto Prodi si propone di cominciare a dimostrare con la manifestazione di domani, tra un tamburo giapponese e un ticchettìo di metronomo.
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