Alle urne dei forti… di Paolo Bagnoli da l'Avvenire dei lavoratori maggio 2011

11 giugno 2011

Alle urne dei forti… di Paolo Bagnoli da l'Avvenire dei lavoratori maggio 2011

Speravamo che in questo 150.mo dell’Italia storia e memoria andassero a braccetto e il tutto non si limitasse solo agli eventi del 17 marzo – di un re proclamato in sua assenza – e del solo Risorgimento, ma che la ricorrenza investisse l’intero arco dei 150 anni della storia nazionale. Così non è stato e l’occasione - tra molta retorica, sostanziale cialtronismo governativo,occasioni editoriali che talora sarebbero più valorizzate nell’inedito che nel pubblicato, concioni televisive e giornalistiche di una specie di compagnia di giro di storici che parlano più di quanto studino – sta consumando se stessa per finire,come spesso avviene in Italia,nell’oceano di parole che accompagna il nostro modo pubblico di essere. Peccato,perché questa era l’occasione per ricordare a noi stessi come il Paese fatto dal Risorgimento,poi è stato rifatto tramite altri calvari e altri sacrifici senza i quali,pur nella tragicità delle nostre vicende,ci hanno permesso di conquistare la libertà e la cittadinanza se non proprio la modernità;ma quella che era l’occasione della modernità,vale a dire la Repubblica,il popolo italiano non la perse. Un’occasione, sì, per viaggiare nuovamente nella storia d’Italia richiamandone motivi, personaggi, situazioni, lotte e problemi. Erano queste le idee che ci danzavano nella testa quando,qualche settimana orsono,siamo andati a rendere omaggio a Fratta Polesine alla tomba di Giacomo Matteotti,un socialista che ha onorato il socialismo,l’Italia,la sua libertà e la sua dignità. Superfluo ricordare chi è stato Matteotti,ma non è superfluo ricordare che il suo nome si affianca a quello di Garibaldi,anche fuori d’Italia,per il “mito” che evoca ancora oggi. Garibaldi e Matteotti,due socialisti,due grandi italiani che in epoche diverse hanno dato tutto se stessi per la causa nazionale e perché questa fosse la causa della libertà. “Alle urne dei forti…” diceva il Foscolo; sì alle urne dei forti almeno noi proviamo commozione ed è come ricaricarci moralmente in un periodo così buio della storia nazionale di fronte allo sfarinamento progressivo della nostra democrazia e, per chi è socialista,per il dolore nel vedere che della forza storica della democrazia,della giustizia e della libertà, non si vede nemmeno l’ombra! La tomba di Matteotti, amorevolmente accudita dal compagno Valentino Maldi di Rovigo, è semplice; le fanno da corona le tombe murarie dei figli; sottoterra quella della moglie,Velia Ruffo. E’ un tripudio di bandiere rosse via via lasciate lì dalle delegazioni di socialisti che vi hanno fatto visita; noi abbiamo inviato a Maldi, perché lo depositi anch’esso dentro la cappella, la copia anastatica del saggio su Matteotti che Piero Gobetti scrisse nel 1924; a nostro avviso il testo più bello scritto su di lui; quello più psicologicamente e politicamente penetrante. Solo due anni dopo anche Gobetti avrebbe inanellato la corona dei caduti per la libertà morendo, per i postumi della violenze fasciste, in esilio a Parigi. Anche alla tomba di Gobetti al Père Lachaise andiamo a rendere omaggio come pure a quella di Carlo e Nello Rosselli, a Firenze e di Ferruccio Parri a Genova, posta a fianco del tempietto che ospita i resti di Giuseppe Mazzini. Già, aveva ragione Foscolo,”Alle urne dei forti…” per non mollare,continuare a credere nella lotta,nel valore dei supremi diritti dell’uomo,per ricordare ancora a una volta a noi stessi, che se in Italia è sempre stata prevalente la tendenza cortigiana – e oggi così è al di là di ogni ragionevole testimonianza – la storia del nostro Paese annovera, però, tante schiene diritte che hanno preferito rompersi invece di inchinarsi. Giacomo Matteotti lo dimostra, e con lui tanti altri, conosciuti e tanti, tantissimi, sconosciuti; ma, proprio per tale ragione, l’omaggio a questo grande italiano, ha il senso non solo del ricordo e della testimonianza politica,bensì del dovere per chi crede che, nonostante tutto, resti valido il “boia chi molla”.

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