ABBIAMO BISOGNO DI UN’ALTERNATIVA DI SINISTRA ALLA DESTRA E DI UN’ALTERNATIVA SOCIALISTA A QUESTA SINISTRA di Robero Biscardini del 31 ottobre 2022
31 ottobre 2022
Se ripartissimo a valutare la situazione politica dal
risultato delle elezioni del 25 settembre, si potrebbe trarre una semplicistica
conclusione: la sconfitta della sinistra o del centrosinistra è dipesa soprattutto
dall’incapacità del Pd e degli altri di capire che con quella legge elettorale (voluta
per altro dallo stesso Pd, e che nessuno ha mai voluto negli anni veramente cambiare),
bisognava stare tutti insieme. I conti sono semplici. La destra con 12.300.000 voti
si aggiudica 235 deputati, il Pd più M5s divisi con 11.600.000 di voti se ne aggiudica 131.
Certamente
un’alleanza anche con Azione e i suoi 2.186.000 voti avrebbe stravinto. Con un
sistema sostanzialmente maggioritario una coalizione larga si sarebbe aggiudicata la
maggioranza dei collegi uninominali e quindi la maggioranza del parlamento.Quindi, se le cose sono andate così è perché la destra sa
unirsi, nonostante le proprie differenze e divisioni, la sinistra no. E anche
questa volta, come nel 2008, nel Pd ha
prevalso quel insieme tra “vocazione maggioritaria” e “meglio salvare il
partito che salvare il Paese” che allora come oggi ci regala un governo degli “altri”.
Allora un centrodestra a trazione Berlusconi, oggi, mille volte più grave, una
destra a trazione Fratelli d’Italia.
La sintesi a sinistra è chiara. Il Pd non può vantare più alcuna
egemonia a sinistra e sul resto di una coalizione in disfacimento. E non è più
il punto riferimento per costruire alleanze stabili con quelli che a sinistra;
piaccia o non piaccia, hanno giocato un ruolo autonomo dal M5s a UP. Anzi, il
Pd con un risultato elettorale sicuramente inferiore al tanto vantato e
sbandierato 19% (sotto quel simbolo correvano tante altre formazioni da Art1,
al Psi, a Demos e altri che almeno il il 2 o 3% hanno portato in dote) oggi è
costretto all’umiliazione del sorpasso del partito di Conte.
Sul piano politico si apre la partita vera. Quale sinistra
si potrà ricostruire, non solo per poter affrontare le prossime scadenze
elettorali, a partire dalle prossime regionali, ma per rappresentare agli occhi
del paese e del mondo intero una vera alternativa alla destra.
Un aiuto potrebbe venire dal confronto che si è aperto all’interno
dei vari partiti. Un dibattito che è solo agli inizi, ma che è destinato a
crescere se si vorrà fare i conti con due questioni di fondo. La crisi di
sistema dovuta in primo luogo all’incapacità della politica di affrontare con
coraggio la crisi istituzionale che da anni ha messo in sofferenza la nostra
democrazia. A Roma come negli enti locali. Nella società come nel mondo della
comunicazione.
La seconda, la grande anomalia italiana che da trent’anni
almeno attraversa la sinistra. Quando ha scelto di stare sul terreno della
destra. Sul terreno del conservatorismo e delle politiche neoliberali. Che per
il Pd ha significato qualcosa di molto peggio. Non solo di diventare il partito
dell’establishment, anziché
il partito del lavoro e di chi ha più bisogno, ma anche il partito che a
sinistra ha impedito e bloccato una vera politica di riforme radicali,
rinunciando qualsiasi vero cambiamento.
Questioni di fondo che il bipolarismo, fatto proprio dalle
forze che hanno poi dato vita al Pd, non solo non ha affrontato, ma ha anche
consentito al sistema di perdere via via la distinzione tra destra e sinistra.
Quindi, come se ne esce da una situazione in cui il Pd è ad
oggi un partito conservatore, e l’altra forze che lo incalza sul piano dei
numeri, l M5s, non può mettere in campo un’identità sicura, nè un forte
radicamento sociale?
Occorre un’alternativa di sinistra alla destra, ma occorre
anche un’alternativa socialista a questa sinistra. Perché sia credibile e
moderna. Occorre far prevalere il bisogno di un’alternativa socialista, nel solco
delle migliori tradizioni socialiste e socialdemocratiche italiane e
internazionali. Come necessità del mondo del lavoro e dei cittadini che hanno rivendicano
condizioni di vita migliori. Una sinistra che si alimenta contemporaneamente
dal basso, dal bisogno delle persone di scendere in campo, libere da ogni
condizionamento, per stare dalla parte della pace in alternativa alla guerra,
della giustizia sociale in alternativa allo sfruttamento del lavoro e ai basi
salari e dalla parte di un’economa non liberista in alternativa alla sola
logica del capitale. E dall’altro si
alimenti dalla consapevolezza di quelle classi dirigenti che si rendono conto
che così non c’è futuro. Stando fermi si consegna il paese alla destra peggiore
sul piano dei diritti e alla destra più aggressiva sul piano economico.
Una cosa da fare in fretta per evitare che dopo gli
insuccessi recenti, tutti scappino nelle direzioni più sbagliate.