A Islamabad adesso è il caos
20 gennaio 2008
Il Pakistan è in fiamme. Mentre l’ex premier Benazir Bhutto veniva sepolta nel mausoleo di famiglia a Garhi Khuda Baksh, i disordini sono scoppiati in tutto il paese. Quando le pagine di questo giornale sono state chiuse, si contavano almeno trentadue morti tra manifestanti e poliziotti. Secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni pachistano, la maggior parte degli scontri si sarebbe concentrata nella proprio nella provincia meridionale di Sindh, dove si sono svolti i funerali della leader dell’opposizione assassinata giovedì in un attentato terrorista che è costato la vita ad almeno altre venti persone. Il governo pachistano ha rilasciato un comunicato in cui afferma di avere le prove: è stato il leader di Al-Qaeda a Islamabad, Baitullah Mehsud, a ordinare l’assassinio di Benazir Bhutto, ci sarebbe un’intercettazione telefonica che lo dimostra. Ma in molti, a cominciare dal corrispondente della Bbc Frank Gardner, ritengono che sia troppo presto per sapere davvero chi ha ucciso Lady Pakistan. I sostenitori della Bhutto accusano il governo di non avere fatto abbastanza per proteggerla. L’ex marito aveva puntato il dito direttamente contro Pervez Musharraf, ma la sua è rimasta una voce isolata. Il Washington Post fa luce sul ruolo degli americani: il ritorno di Benazir Bhutto in Pakistan sarebbe avvenuto dietro garanzia diretta di Condoleezza Rice, la Casa Bianca sosteneva la nomina di Benazir a primo ministro e aveva tentato di ottenere garanzie dall’esecutivo. Intanto, il presidente Musharraf ha annunciato che le elezioni generali si svolgeranno, come previsto, il prossimo 8 gennaio. Anche la comunità internazionale fa pressioni per il regolare svolgimento delle elezioni. Eppure, con la scomparsa di Benazir, le speranze di portare la democrazia in Pakistan appaiono sempre più esigue.
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