4 DICEMBRE, UN ANNO FA di Roberto Biscardini
04 dicembre 2017
Esattamente un anno fa, il 4 dicembre, il referendum
costituzionale di Matteo Renzi fu sonoramente bocciato dal popolo italiano.
Noi ci schierammo da subito contro e ci dedicammo
attivamente per la vittoria del No. Rompemmo con tutti quei socialisti che si adagiarono
alla logica del governo e del Pd, non rendendosi conto della gravità di quella
scelta.
Qualcuno di voi si ricorda l’appello che abbiamo rivolto
allora alla “sinistra che sbaglia”, cogliendo in quel referendum numerosi
pericoli, perché votare Si avrebbe significato l’approvazione delle politiche
economiche e sociali del governo, alcune delle quali imposte all’Italia dal
vincolo estero. Avrebbe aperto la strada alla soppressione di fatto della prima
parte della Costituzione e avrebbe ulteriormente aggravato l’irrilevanza del
potere parlamentare.
Invocammo un No come passo necessario per ridare ruolo al
pluralismo politico, difendere il diritto di voto degli italiani e riorganizzare
una sinistra ormai inesistente; ben sapendo che le forze che avevano proposto e
sostenuto quel referendum non sarebbero rimaste immobili. Avrebbero reagito e così
per certi versi è stato.
Renzi che aveva preannunciato il suo ritiro dalla vita
politica è ancora li, segretario di quel partito che ha subito la maggiore
sconfitta, cercando di perpetuare con l’azione di governo politiche contrarie
agli interessi di giustizia sociale e di sviluppo economico che il paese
avrebbe bisogno. E il parlamento, piegato alla logica dei residuali partitici
della Seconda repubblica, ha approvato per la terza volta consecutiva una legge
elettorale incostituzionale. Così in barba al bisogno di trasparenza e di partecipazione popolare, implicito nel
voto del 4 dicembre, il prossimo parlamento sarà ancora un parlamento di
nominati E’ sparita la speranza di un
ritorno al proporzionale e ai cittadini è stato tolto il diritto di scegliere
chi eleggere.
In questo senso la vittoria del No non ha ancora ottenuto dalla
politica le risposte che avrebbe dovuto avere, ma un effetto l’ha avuto.
Quel referendum e il No ha messo in moto nella sinistra un
dibattito sul suo futuro. Ha evidenziati le sue responsabilità pregresse, i
suoi ritardi e i suoi errori. Ha promosso la scissione nel Pd con la nascita di
Mdp, ha messo in azione (nonostante notevoli ritardi) alcune forze civiche e
noi abbiamo trasformato quell’impegno politico in una nuova iniziativa politica,
“Socialisti in Movimento”, che in un anno di grande impegno ha messo le basi in
tutte le regioni per riorganizzare a scala nazionale una nuova realtà politica
della sinistra socialista italiana.
Dopo il 4 dicembre della scorso anno, si è rafforzata l’idea
che sia necessario e possibile definire un nuovo progetto politico della
sinistra socialista che possa, come abbiamo detto, colmare il fossato che
divide - larga parte dei lavoratori e dei ceti popolari - dalla politica e dalle
istituzioni.
Come abbiamo ricordato nella nostra assemblea del 7 ottobre,
l’obiettivo è dar vita a “una sinistra che serve” e riorganizzare una nuova forza
socialista, ben sapendo che difficoltà non saranno poche. Organizzative e
politiche.
Ma si po’ fare perché di un grande progetto socialista c’è
bisogno, per costruire con coraggio, con tutti coloro che ci stanno, senza veti
ideologici, una nuova sinistra italiana ispirata ai contenuti e ai valori del
socialismo. Consapevoli che la fine del comunismo e le macerie che la sinistra
lascia sul campo dopo vent’anni di gravissimi errori, sposterà sul versante
socialista nuove energie.
E su questa strada possiamo e dobbiamo continuare.
Se vi ricordate, per primi, subito dopo il 4 dicembre
scorso, ponemmo il problema della necessità concreta di dar vita a questo
progetto unitario, e proponemmo come primo passo di questo progetto la
necessità di presentare alle prossime elezioni politiche una lista unica,
civica e di sinistra, diversa e distinta dal Pd e dalla sua coalizione.
Oggi, a poche mesi dalla fine della legislatura e con
l’avvicinarsi delle prossime elezioni, non possiamo che ribadire la nostra proposta,
aperta a tutte le forze politiche che ci stanno, perché la sinistra,
alternativa alle politiche economiche sociali e istituzionali perseguite dai
diversi governi della Seconda repubblica, possa presentarsi alle elezioni unita,
con un programma unico e con una proposta politica nuova. Sapendo interpretare il
senso di sfiducia, che anche le politiche della sinistra hanno prodotto nel
popolo italiano, e il senso di ribellione e di rivolta che cova nei confronti
delle degenerazioni della stessa sinistra.
Quindi rappresentare la speranza per un profondo cambiamento.
Per questa ragione abbiamo considerato che le modalità con
le quali Mdp, Sinistra Italiana e Possibile hanno promosso a Roma l’assemblea del
3 dicembre non hanno rappresentato pienamente l’esigenza di dar vita ad un
progetto innovativo e popolare, largo, garanzia di un buon risultato elettorale
e di una prospettiva politica coraggiosa per il futuro.
Una questione che riteniamo importante ribadire ancora oggi nel
giorno in cui Piero Grasso si è assunto la responsabilità di guidare questa
lista e costruire questo nuovo processo, da lui stesso dichiarato, “aperto e accogliente”,
per coinvolgere tutti coloro che ci vogliono stare, nessuno escluso.
Noi sappiamo bene quale è il nostro compito e il nostro
obiettivo non contingente: difficile ma non impossibile, riunire socialisti
vecchi e nuovi, con tessera e senza tessere, ed essere i ricostruttori di una
politica socialista dentro una sinistra necessaria che ancora non c’è,
guardando al futuro delle nuove generazioni.
Un progetto politico che dovrà confrontarsi con la prima tappa delle prossime elezioni, ma che dovrà proseguire nella società e manifestarsi
con la stessa coerenza e serietà alle successive scadenze elettorali, quelle regionali
e amministrative, con il traguardo delle elezioni europee del 2019.