2019 di Roberto Biscardini
08 gennaio 2019
Con il documento “Socialismo o barbarie” abbiamo proposto, in un momento molto particolare della politica italiana, a tutti coloro che credono nel socialismo come necessità, di ragionare intorno ad una nuova prospettiva.
Un documento, come abbiamo sottolineato, non da sottoscrivere per salvarsi l’anima, ma un “appello” da praticare, nel senso più ampio del termine, nella convinzione che la cultura e l’azione socialista siano l’unica risposta efficace contro la “barbarie” democratica, sociale e dei valori. Una sorta di viatico per “un nuovo corso socialista”, quale unica risposta convincente e concreta al pericolo di “disfacimento” verso il quale il nostro paese sembra destinato ad andare a sbattere.
Nonostante le tante idee che albergano tra di noi, a sinistra e tra i socialisti, spesso diverse persino all’interno di piccole organizzazioni o associazioni politiche, “Socialismo o barbarie” si rivolge a tutti coloro che credono nella necessità di costruire, attraverso un percorso federativo, una “casa socialista”, nuova e unitaria, non ancora un nuovo partito, avendo un quadro di riferimento, persino ideologico, entro cui muoversi con concretezza e con iniziative adeguate. Un movimento per le nuove generazioni, fortemente collegato al bisogno e alla voglia di socialismo che sembra rinascere nel mondo.
Certo, occorre un po’ di coraggio e cogliere il momento.
Intanto il coraggio di essere socialisti o di ritornare ad esserlo, dopo anni di sostanziale afasia, mettendo in rete le energie disponibili che ancora sono a disposizione, energie vecchie e nuove, intellettuali, umane presenti nella società, avendo ormai imparato bene la lezione di questi ultimi decenni: il collante per i socialisti non sono le parole e non basta il reiterato richiamo all’orgoglio socialista, occorrono i fatti, occorre la battaglia politica, da perseguire con passione, pazienza e tenacia. Senza scorciatoie.
Si tratta di riprendere il percorso salutare della battaglia delle idee per la definizione di un’alternativa possibile insieme alla necessaria battaglia politica sul campo, nell’azione, evitando di parlare a vuoto, spesso confondendo l’apparenza con la realtà.
Si tratta di costruire azione politica non su tutto (non é il momento, né saremmo credibili) ma solo su poche idee forza, cercando di dare risposte concrete per contrastare la tendenza allo “spappolamento” e dissoluzione dei principi fondamentali della democrazia liberale ovunque si può, anche a partire dai territori e dalle realtà locali, dimostrando che si può combattere il populismo senza bisogno di rincorrerlo.
Il senso di disfacimento dello Stato, il clima di sfiducia, di insicurezza, di disorientamento e di solitudine dei cittadini non è maturato in un solo un momento, o solo negli ultimi anni, e di colpo il 4 marzo scorso. Esso é frutto di un processo lento, scientifico, in cui la politica ha risposto alla pulsioni populiste solo e con altre politiche populiste, di destra, di sinistra o vagamente “inclusive”. Per tutte è stato facile attribuire quasi esclusivamente tutti i mali o i ritardi del paese alla sola responsabilità del sistema politico e dei partiti. E il logoramento del sistema politico dei partiti e dei corpi intermedi che con la Seconda repubblica ha trovato il suo più naturale brodo di cultura (prima con la Lega, poi con Forza Italia, poi con Di Pietro efficacemente sostenuti dalla stampa, da autorevoli giornalisti, insieme a tanti poteri economici e finanziari interessati a salvarsi l’anima) si è identificato con l’attacco generalizzato alle “elite” istituzionali e alla “casta” dei politici e degli eletti.
Una demagogia infernale che ha consentito di tenere fuori dalle responsabilità del disastro, l’economia, il mercato e il ruolo fondamentale della nuova cultura neoliberale internazionale.
Purtroppo la sinistra post comunista, fin dal 1994, non capì cosa stava accadendo, ed anzi ne divenne, più o meno consapevolmente, complice. Praticò anch’essa cultura populista e antipolitica attraverso la peggiore pratica del giustizialismo, non riuscendo ad essere neppure “populista di sinistra” al pari di altre esperienze e movimenti europei .
Ecco perché occorre oggi ritrovare fiducia in un nuovo corso socialista, da percorrere con concretezza e determinazione, facendo leva su tutto ciò che positivamente cova nella società, ed è prodromo di nuovi conflitti e contraddizioni.
Il socialismo di oggi, che ha bisogno di poche idee ma chiare, non può pensare di rigenerarsi contando solo sulle energie di ciò che resta del glorioso Psi di ieri e men che meno del Psi di oggi, tutto serve, ma non basta. Ne basta ripetere la parola “socialisti” mille volte per dare forma concreta ad un azione politica nuova ed efficace. Bisogna fare molto di più, là dove si può, nel sociale soprattutto, ricostruendo un legame largo con tutti coloro che possono potenzialmente rappresentate le aspirazioni di un socialismo autentico. Che sentono il socialismo come un bisogno. Che esprimono socialismo senza sapere neppure di che si tratta. Per questo bisogna saper costruire unità, bisogna essere pronti ad aprirsi verso gli altri con una certa generosità, bisogna tenere insieme culture diverse, diversi orientamenti, recuperando nel modo migliore lo spirito plurale, riformatore, laico e cristiano del socialismo delle origini. Lavorando guardando al futuro, attraverso politiche concrete, e andando al sodo delle questioni strategiche, quelle che possono avere un peso nel delineare una proposta alternativa alle politiche enunciate dalla destra populista a livello nazionale e internazionale.
- L’impoverimento sempre più largo della popolazione (in alcune aree al confine della miseria) fortemente legato all’assenza di lavoro e alle nuove forme di sfruttamento in una società in cui pesano sempre di più le nuove modalità di organizzazione del mercato del lavoro e le nuove tecnologie.
- I temi dell’immigrazione, della sicurezza e dell’integrazione (questione economica, sociale ed umanitaria) che spetta soprattutto a noi affrontare con coerenza, senza cedere alle logiche propagandistiche usate dalle destre europee e mondiali.
- La grande questione del divario crescente tra Nord e Sud, delle diseguaglianze territoriali e sociali e del disagio di masse che non arrivano alla fine del mese. Di fronte ad un Sud che avrebbe ancora bisogno, e più di prima, di uno Stato imprenditore, di investimenti pubblici massicci in infrastrutture, per la difesa del suolo e dell’ambiente, e per il riassetto idrogeologico, non c’è pressoché niente.
- La questione democratica, fortemente connessa al tema fondamentale del ruolo dello Stato, nelle sue diverse articolazioni, pone con forza il tema dell’Europa insieme a quello delle autonomie locali, per una battaglia ancora tutta da aprire per la valorizzazione “vera” e non solo a parole, del ruolo dei Comuni, essenza della partecipazione e della libertà.
- E la questione dei valori, l’ancoraggio ai valori tradizionali tipici dello spirito e dell’azione del socialismo italiano, in particolare: l’internazionalismo e la fraternità.
Il 2019 riparte anche da qui, insieme all’obiettivo di costruire in prospettiva una solida alternativa a questo governo.
Come? Lavorando nel concreto, sapendo proporre politiche diverse da quelle della destra, nella consapevolezza che i populismi non sono tutti uguali e che bisogna entrare nel merito delle cose, cercando di capire le ragioni di chi oggi non vedrebbe altra strada che la protesta e la ribellione. Non per inseguire facili chimere, ma per cogliere il senso profondo di un disagio che non trova più nella politica tradizionale le risposte ai propri problemi.
Infine la questione elettorale in coerenza con quanto abbiamo detto finora.
Per le amministrative (nei prossimi mesi si vota per il rinnovo dei consigli di alcune importanti Regioni e di moltissimi Comuni) la risposta alla “barbarie” politica e istituzionale sarà la presentazione di liste unitarie di ispirazione socialista, là dove si può.
Per le elezioni europee, occorrerà a breve individuare una proposta per la partecipazione dei socialisti italiani in una competizione che per diverse ragioni sarà di assoluta importanza: per il parlamento europeo (che rischia una forte involuzione a destra) e per i socialisti e la sinistra europea che devono già da questa competizione dimostrare di avere una proposta di ripresa.
La questione del socialismo europeo non può considerarsi chiusa, e contemporaneamente buona parte delle sorti del socialismo italiano sono legate alla capacità di ripresa o meno del socialismo europeo.
Proprio in un momento in cui l’obiettivo della destra, con assoluta chiarezza, é abbattere il socialismo, o come dice Salvini “far uscire in Europa il socialismo dalla stanza dei bottoni”, spetta anche a noi fare la nostra parte.
Nella grande difficoltà del momento, è questa un’opportunità che bisogna tentare di cogliere, per rilanciare il tema dell’Europa socialista, “dell’Europa dell’equilibrio sociale e internazionale“ e ben sapendo che l’unico vero “antidoto al degrado nazionale” é trovare risposte efficaci a livello europeo e internazionale.
Noi non siamo semplicemente europeisti o più europeisti degli altri: siamo europeisti perché crediamo che solo con la forza del socialismo si può cambiare profondamente questa Europa e perché crediamo ancora all’Europa dei nostri padri: spazio di libertà e di civiltà, federale, pacifica, democratica, aperta e disponibile a costruire rapporti equi con i propri vicini verso est e nel Mediterraneo.
Ecco il senso di “Socialismo o barbarie” al quale dare seguito.
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