20 LUGLIO 1993 IL SUICIDIO DI GABRIELE CAGLIARI
20 luglio 2011
18 anni fa nel carcere milanese di San Vittore si suicidava Gabriele Cagliari. Molto tempo è passato da quel periodo storico che insieme e a Tangentopoli ha cambiato il paese. Il paese non è migliore ed il clima dello scontro politico giudiziario neppure. Segnali ancora brutti nell’aria. Per non dimenticare e per tenere le antenne alzate, ricordiamo quel suicidio. In mortem di Gabriele Cagliari: “suicidio di Stato” “Miei carissimi Bruna, Stefano, Silvano, Francesco, Ghiti, sto per darvi un nuovo, grandissimo dolore. Ho riflettuto intensamente e ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna. La criminalizzazione di comportamenti che sono stati di tutti, degli stessi magistrati, anche a Milano, ha messo fuori gioco soltanto alcuni di noi, abbandonandoci alla gogna e al rancore dell'opinione pubblica. La mano pesante, squilibrata e ingiusta dei giudici ha fatto il resto... A tutti lascio il ricordo di me che vorrei non fosse quello di una scheggia che improvvisamente sparisce senza una ragione, come se fosse impazzita. Non è così, questo è un addio al quale ho pensato e ripensato con lucidità, chiarezza e determinazione. Non ho alternative... Addio a tutti. Miei carissimi, vi abbraccio tutti insieme per l'ultima volta. Il vostro sposo, papà, nonno, fratello.” Questi sono alcuni passaggi della lacerante e dignitosa lettera che Gabriele Cagliari scrisse ai familiari prima di fare la scelta definitiva di lasciare la vita terrena. Gabriele Cagliari, guastallese, era un socialista. Fu anche presidente dell’ENI dal 1989 al 1993. Mal gliene incolse. Il 9 marzo 1993 fu arrestato su richiesta della Procura di Milano, accusato di avere autorizzato il pagamento di tangenti per fare aggiudicare una commessa alla Nuovo Pignone, società del gruppo ENI… Erano i tempi di “Mani pulite”, quando il carcere, oggettivamente, determinava una condizione atta ad “indurre l’imputato a confessare anche l’inconfessabile”. Cagliari si suicidò il 20 luglio 1993 nel carcere di San Vittore, dove era trattenuto in custodia cautelare da quattro mesi, “illegittimamente, trattato come non-persona, come un cane ricacciato ogni volta al canile”. Questo noi socialisti non dobbiamo, non possiamo dimenticarlo a 18 anni dalla sua morte. Il miglior modo di rendere onore ad un imputato “non giudicato colpevole dalla magistratura” (e che, nel nostro ricordo, resta persona di grande sensibilità e raffinata intelligenza) è quello di denunciare ancora una volta quel periodo oscuro per la democrazia e per la giustizia italiana. Un atto, quello di Gabriele Cagliari, che il “giustizialista principe”, divenuto (dopo essersi svestito dei panni del magistrato) protagonista della politica, avrà dimenticato?
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